Storie. Gianni Brera (1919-1992)


Il primo incontro con la figura di Gianni Brera (1919-1992) paradossalmente l’ho avuto con la notizia della sua morte: scorrevano le immagini dell’incidente stradale che nel dicembre 1992, la macchina distrutta. Nei giorni successivi le immagini del funerali, un bara che viene trasportata, un gagliardetto dell’Inter.
Di Brera affiorava forse talvolta una citazione tra le pagine sportive dei giornali ma solo anni più tardi ho avuto modo di leggere qualcosa di lui. Si avvicinavano i mondiali di Francia del 1998 e i vari quotidiani facevano a gara a offrire i classici inserti sulle squadre partecipanti e sulle edizioni precedenti. Perché in fin dei conti un Mondiale di Calcio è sempre qualcosa che va a calamitare l’attenzione a qualunque latitudine o longitudine si vada giocando.
In uno di questi inserti trovai un articolo, intitolato “Maledetti Noi”, a firma Gianni Brera. Ovvero l’articolo che descriveva quella che nell’immaginario comune è diventata “La” partita o meglio ancora "Partido del siglo": Italia-Germania 4-3, semifinale del Mondiale di calcio 1970. Un pezzo molto lungo, un articolo che a scomporlo si noterebbero tre parti: un lungo preambolo iniziale; la descrizione della partita; considerazioni finali.
Il preambolo conferma una paura di Brera, che lui stesso nota: “Ora mi terrorizza l’idea che qualcuno debba scorrere un giorno questo articolo senza capire né poco né punto come si sia svolta la memorabile semifinale Italia-Germania dei mondiali 1970”. Non aveva tutti i torti. L’attacco di questo pezzo non si capisce se non si conosce quella partita. Oggi non è difficile ritrovarla nella sua interezza, ma forse basterebbe ritrovare i momenti del gol decisivo di Rivera e sentire Nando Martellini definire la partita appena prima del passaggio decisivo di Boninsegna come “drammatica” e un attimo dopo il gol come “meravigliosa”. E tutto mentre di sottofondo, con la voce rotta da un incontenibile emozione, il regista RAI Mario Conti urla più volte “vinciamo”.
Ma che sofferenza per chi la visse in prima persona! La descrizione della partita è la riprova dell’attenzione plurima che lo stesso Brera dava ad ogni singolo incontro. E tra le parole si sente lo svolgersi dell’incontro, il vantaggio italiano, l’assedio tedesco, i drammatici supplementari. Gli errori di entrambe le squadre e il giudizio di Brera sui tedeschi: “sono proprio tonti: ecco perché li abbiamo sempre battuti. Nel calcio vale anche l’astuzia tattica non solo la truculenza, l’impegno, il fondo atletico e la bravura tecnica”. Giudizio riapplicabile ad altri confronti fra le due nazionali.
Nel tempo ho avuto modo di approfondire la conoscenza della figura di Gianni Brera. Anche la televisione ha dato una mano: Rai Storia con la serie “Italiani” ha intitolato una delle puntate “Gianni Brera – Il libero della Bassa”. Oltre a ripercorrere le tappe fondamentali della sua vita, in quella puntata si approfondivano i temi della scrittura “breriana”, la passione per il calcio come per lo sport in genere, il piacere della buona tavola e del buon vino”, le polemiche e le aspettative. Si ritrova con semplicità sul sito della RAI, merita un occhiata. Più recentemente Sky Arte ha curato per il centenario della nascita di Brera dal titolo “C’era una volta Gioânn – 100 anni di Gianni Brera”, ugualmente interessante anche se considero il precedente più completo.
Pubblicazioni a stampa non è difficile ritrovarle. Di per sé “Il principe della zolla” raccolta di articoli di Gianni Brera curata di Gianni Mura, edizione Il Saggiatore, offre uno spaccato a più direzioni di “grandi partite, corse in bicicletta, nebbie padane” come recita il sottotitolo. Ma pure qualcosa in più come la passione per un mondo di provincia che inizia a scomparire, nella descrizione del Po’ e dei suoi Gabbiani. Oppure la rivendicazione del proprio ruolo contro lo snobbismo dei grandi letterati pronti a etichettare una semplice scrittura come “troppo giornalistica”. Ed ecco allora la celebre polemica con Eco che lo definiva “un Gadda spiegato al popolo”, a cui Brera, di rimando, rispose definendo a suo volta Gadda come “un intarsiatore di parole”.
Diversamente l’uso di parole di Brera è diretto, chiaro. Quando descrive la sua passione per la bicicletta e le prime gare si sente davvero l’aria che scorre, la velocità, la pesantezza del pedale, lo stridore dei freni. Parimenti quando scrive di boxe, il lettore deve prepararsi ad incassare i colpi. E quando parla di cibo, di bollito di manzo misto, di risotto alla milanese se ne sente il sapore. E infine le persone che descrive, spesso “in memoriam”: toccante il ricordo di Nereo Rocco “e lui nel testamento m’ha confidato di essere alla fine, di poter solo brindare con l’acqua Fiuggi”, stupendo quello di “Peppin” Meazza “perché Peppin Meazza è il football, anzi ‘el fòlber’ per tutti gli italiani”, disperatamente autentico quello per Emilio Violanti “so che dovevo ricordarti e l’ho fatto senza riuscire a liberarmi lo spirito dal fastidioso rimorso di sopravviverti. Così succede rimpiangendo gli amici”.
Vale la pena allora conoscere un po’ di questa figura e il suo modo di scrivere. Ancor più vale la pena, attraverso la sua lettura, riscoprire il mondo che ci sta intorno, le bellezze, i piaceri, i sapori, le parole, i luoghi, il gioco, l’amore. E, a parole nostre, saperli raccontare.

Emanuele Cattarossi

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