Letture - Come le mosche d'autunno - Irène Némirovsky
Irène Némirovsky, Come le
mosche d’autunno, Adelphi (Piccola Biblioteca 562) Milano (2007), 100 pp.
Cosa
succede quando un mondo sparisce? Quando sparisce un tipo di società e con essa
spariscono
certezze, punti fermi, consuetudini? Come si conservano i ricordi e
come si conserva la speranza?
Irène
Némirovsky
è scrittrice di grande profondità, capace di restituire con vivacità talvolta
disperata ciò che descrive. In Come le
mosche d’autunno offre a suo modo delle risposte alle domande sopra esposte.
È un racconto triste, di un mondo che sparisce nel fuoco della Rivoluzione russa
e nel logorio dell’esilio francese di tanti profughi russi. È un racconto
narrato sotto gli occhi di una vecchia nutrice, Tat’jana, che vede non solo un
intero mondo sparire ma è testimone delle convulsioni di quanti ne sono rimasti
orfani. Orfani simili a mosche che dopo il caldo e la luce estiva “svolazzano a
fatica, esauste e irritate, sbattendo contro i vetri e trascinando le ali senza
vita”. Ecco allora che il viaggio compiuto dalla vecchia nutrice dalla Russia
alla Francia non è portatore di una nuova speranza, non è segno di un nuovo inizio
ma semplice cammino imposto. Ed ecco
allora che subentra l’abbandono: abbandono della memoria di un tempo che fu, “è
finita, è finita” si sente dire quando si prova a ricordare il passato;
abbandono della quotidianità in sonni senza sogni, perché le giornate diventano
stremanti; abbandono della speranza sostituita dalla ricerca di fugaci ebbrezze,
esemplificata da due giovani che orfani del loro passato sono costretti a
cercare consolazione nel vino e nel piacere sessuale. E se da un lato,
impercettibilmente il tempo continua a scorrere e, progressivamente, la vita
stessa ritrova una sua organizzazione, dall’altro la corrente dei giorni e dei
ricordi va portando via chi sente pesare la nostalgia.
Come le mosche d’autunno si legge fin
troppo bene. L’edizione Adelphi, di piccolo formato, offre facile portabilità.
Merita molta considerazione per le sensazioni che descrive e per le riflessioni
che provocherà nel lettore. Andrebbe letto magari all’aperto, magari proprio in
autunno. Magari per chiedersi se le nostre vite non abbiamo intrapreso lo
stesso volo delle mosche d’autunno.
Emanuele Cattarossi
Commenti
Posta un commento