Letture - La Guerra d’Indipendenza americana. Una breve storia - Stephen Conway


Stephen Conway, La Guerra d’Indipendenza americana. Una breve storia, 21 Editore (Collana Controstoria), Palermo 2018, 256 pp.

Gli eventi della Rivoluzione americana o Guerra d’Indipendenza Americana (1775-1783) sono talvolta presentati come preludio agli anni della Rivoluzione Francese. Se ne può parlare lungamente, ma la ricerca storica tende sempre di più nel riconsiderare questi eventi in un quadro di conflitto globale. In quest’ambito, La Guerra d’Indipendenza Americana – Una breve storia di Stephen Conway ha l’indubbio merito di produrre un saggio completo e al tempo stesso di agile lettura: non un particolare da poco, se confrontato ad altre produzioni sul periodo. La traduzione italiana offerta a cura di 21 Editore per la sua collana "Controstoria" merita pertanto una certa attenzione.
Occorre notare anzitutto che la Rivoluzione americana ha costituito davvero una miccia per l'esplosione di altre “rivoluzioni” successive, quella Francese (1789-1799) in primis senza dimenticare le meno conosciute verificatesi in Irlanda (1775-1798) o ad Haiti (1791-1804). Per non sottacere gli eventi degli anni successivi alla Restaurazione in Europa, con gli eventi in Grecia (1821), in Belgio (1830) fino alle rivoluzioni del 1848  
Tuttavia occorre riconsiderare la Rivoluzione americana anche come Guerra d’Indipendenza inquadrandola nel contesto degli eventi seguenti la Guerra dei Sette Anni (1756-1763) e notare come una situazione riconducibile ad un moto rivoltoso delle colonie americane rispetto al governo inglese si sia andato poi trasformando in un vero e proprio conflitto mondiale.
L’autore mostra efficacemente nel primo capitolo, come i fedeli sudditi di sua Maestà delle colonie del New England abbiano percorso un lungo cammino fino agli eventi di Lexington e di Concord (18-19 aprile 1775), riconosciuti come l’inizio del conflitto. Conway fa notare come le cause del conflitto vadano rintracciate nella perdita di status privilegiato delle colonie americane di sudditi della corona inglese nel momento in cui i domini inglesi andarono espandendosi in Canadà e in India. Questo antefatto unito alla problematica dell’aumento dell’imposte nelle colonie americane e, contestualmente, alla mancanza di rappresentanza dei coloni iniziarono a stendere una lunga miccia che trovò un plateale innesco negli eventi conosciuti come Boston Tea Party (16 dicembre 1773), con la distruzione di un carico di thè della Compagnie delle Indie.  
Il secondo e terzo capitolo narrano più nel dettaglio gli eventi bellici. Nel secondo capitolo è preso in considerazione il conflitto sul territorio americano, mentre nel terzo vengono narrati gli eventi riguardanti l’allargamento del conflitto su scala globale con gli interventi successivi di Francia, Spagna e Olanda. Eventi questi ultimi talvolta poco conosciuti e sviluppati che però portano a notare una diversa dinamica di svolgimento degli avvenimenti. Nel quarto capitolo vengono affrontate le dinamiche del conflitto sui civili attraverso un ampio spettro che interessa tutti i partecipanti. Si rileva in particolare da questa sezione la diversificata composizione del tessuto sociale delle colonie americane oltre al modesto impatto che la Guerra d’Indipendenza Americana ebbe nel continente europeo.
Al quinto capitolo è affidata la spiegazione delle modalità con cui si concluse il conflitto. Conway nota come l’esercito inglese fosse perfettamente in grado di schiacciare la rivoluzione in un confronto diretto con le forze americane. L’autore però mostra l’ampiezza del quadro bellico, la difficoltà nel ricevere rinforzi per gli inglesi unita alla particolare riluttanza di Washington ad impegnarsi in campo aperto pur di salvaguardare le proprie forze. Questa situazione portò ad un inesorabile logoramento inglese da cui le forze americane furono in grado di cogliere i brillanti successi di Saratoga (1777) e Yorktown (1781). Per contro gli Inglesi furono in grado di ribattere efficacemente contro Francesi e Spagnoli: dai primi venne salvaguardata la Giamaica nella battaglia navale delle Saintes (12 aprile 1782) e il dominio in India in diversi scontri tra il 1781-1783; dai secondi la rocca di Gibilterra nel biennio 1781-1782.
Paradossalmente il Trattato di Parigi del 1783 nasce da un’iniziativa francese, timorosa dell’impatto del conflitto sulle proprie finanze, dimostrando vera la predizione di Giorgio III, sovrano inglese, che nel 1780 aveva detto “anche questa, come la precedente, si dimostrerà una guerra sul credito”.
Nel capitolo finale vengono quindi tratte le somme del conflitto. E da subito si potrà notare che se la Gran Bretagna esce “nominalmente” sconfitta dal conflitto in virtù della perdita delle colonie americane, d’altro canto vide nuove dinamiche a suo vantaggio instaurarsi nello scacchiere atlantico oltre a consolidare i suoi domini in Canadà, India e Caraibi. D’altro canto le colonie, ora Stati Uniti d’Americana, pur indipendenti politicamente restavano molto lontane da poterlo dire sul piano economico e culturale. Al tempo stesso, il conflitto aveva portato ben pochi vantaggi per Francia, Spagna e Olanda. In particolare per i francesi il conflitto americano peggiorò la situazione finanziaria interna senza portare i benefici commerciali sperati. Per gli spagnoli a minimi guadagni territoriali, Florida e isola di Minorca, cominciarono a contrapporsi i germi delle istanze indipendentiste nelle sue colonie d’america che culminando nei conflitti degli anni 1808-1833 portarono alla sparizione del dominions spagnoli.
Testo agile e di facile comprensione, come già indicato, La guerra d’Indipendenza Americana. Una breve storia di Stephen Conway offre un ottimo punto d’accesso alla comprensione degli eventi descritti e a successivi approfondimenti.
Qualche osservazione sull’edizione curata da 21 Editore: buona impaginazione, rilegatura sufficientemente morbida per la lettura. Probabilmente, trattandosi di un testo che narra di un conflitto piuttosto articolato occorreva avere maggiore attenzione all’aspetto cartografico, ampiamente trascurato. Pure il corredo d’immagini talvolta mostra alcune imprecisioni: a titolo esemplificativo, a pagina 188 l’immagine appare troppo sgranata per mettere in condizione il lettore di osservare quanto suggerito dalla didascalia. Interessante e gradita la scelta di porre una piccola rassegna dei protagonisti e una cronologia degli eventi all’inizio del testo.  Buono l’impianto di note pure se portato a fine testo, la bibliografia consigliata, praticamente tutta in inglese e da scoprire, e l’indice dei nomi. 
Pertanto, al netto di qualche dettaglio facilmente superabile, una pubblicazione di buona qualità e di sicuro interesse.

Emanuele Cattarossi

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